Segnata da due "crolli", quello del muro di Berlino nel 1989 e quello delleTorri gemelle del World Trade Center di New York nel 2001, l'era contemporanea ci pone di fronte ad uno spettacolo inconsueto: il "ritorno del religioso". Data a più riprese per scomparsa, dai vari studi sulla secolarizzazione che si sono avuti a partire dagli anni '60, la dimensione religiosa occupa la scena. In un ideale "ritorno al Medioevo", l'Islam si oppone all'Occidente "cristiano". Saremmo così non al capezzale del religioso, che assume un ruolo identitario e pubblico, ma della modernità, ad un processo di "desecolarizzazione". In realtà, dietro le apparenze, questa visione tende a semplificare un quadro storico nel quale la politicizzazione del religioso è il polo antitetico della "società del vuoto", partecipe del nichilismo che vuole superare. Si tratta di una "religiosità nichilistica" che ricopia il modello gnostico che sta al centro di una delle vie dell asecolarizzazione moderna, quella post-illuminista per la quale il negativo precede il positivo, la distruzione l'avvento del Regno. Andato in crisi con l'89 questo modello riemerge nella forma dell'islamismo radicale. Ad esso l'Occidente oppone il mix degli opposti, la metamorfosi delle differenze propria della cultura post-moderna. Una metamorfosi che, di fronte all'urto, cede il posto all'occidentalismo ideologico.
In questo contesto la formula distinguere per unire (J. Maritain) consente alla posizione cristiana di chiarire il senso di una differenza non nichilistica rispetto all'orizzonte attuale, manicheo da un lato e New Age dall'altro. Mediante essa diviene possibile l'incontro con quella parte della cultura contemporanea neoilluministica, che, nel rifiuto della teodicea della ragione e dei sogni gnostici, vede la salvezza del mondo "post secolare" nel dialogo a distanza tra religione e cultura laica.