Nella nota biografica che accompagnava un suo libro, Cristina Campo diceva di se stessa: «Ha scritto poco e le piacerebbe aver scritto meno». Quel “poco” è quasi tutto raccolto in questo libro e imporrà una constatazione a ogni lettore percettivo: queste pagine appartengono a quanto di più bello si sia mostrato in prosa italiana negli ultimi cinquant'anni.
Il saggio che dà titolo al volume qualifica come “imperdonabili”, agli occhi dei loro contemporanei, quelle poche persone, poeti in prevalenza, che oggi sappiano ancora, non soltanto sopportare, ma «guadagnare alla mente» la bellezza e la perfezione perdute in una epoca di «massacro universale del simbolo, [di] inespiabile crocefissione della bellezza» (p. 121). Nello stesso senso vanno intese le osservazioni sulla perdita del destino individuale, in questa «epoca di progresso puramente orizzontale» (p. 73) e il conseguente tentativo di ricostruire i luoghi e gli estremi di una esperienza interiore che il proprio destino, lo sappia cogliere, ac-cogliere.
Uno dei luoghi privilegiati dove tale restitutio dell’anima si compie è, accanto all’esperienza religiosa, la fiaba. Sono dei piccoli capolavori di complessità, i due saggi esplicitamente dedicati ad essa “In medio coeli” e “Della fiaba”. Entra in gioco il tempo biografico della narrazione, la vecchiaia, la quale, a doppio filo, si lega all’infanzia, in quanto contenuto ricordato e destinatario della narrazione (il bambino).