«Verrà la morte e avrà i tuoi occhi...»: è questo, forse, il verso più scolpito nell'immaginario dei lettori di Pavese, che non è stato solo un grande scrittore, saggista e traduttore, ma anche e prima di tutto un poeta. I versi lo accompagnano per tutta la vita – da Lavorare stanca a Poesie del disamore – e lasciano un'impronta inconfondibile nella letteratura del Novecento. Nelle poesie di Pavese ritroviamo l'inquietudine, le ossessioni, la solitudine, la solidarietà con i "compagni" e l'amore evocato con sensuale malinconia: il suo demone, insomma, che affiora nelle pagine dei diari e che testimonia di un rapporto tra arte e vita unico come quello tra il paesaggio e l'umanità marginale che lo abita. Sono versi che si staccano dal panorama dei contemporanei, superano il simbolismo per rifugiarsi in una semplicità talvolta quasi oggettiva, capace di indagare il quotidiano esaltandone la superficie ruvida, con concessioni musicali e cadenze dialettali. Questa antologia ce li propone per la prima volta accompagnati da annotazioni critiche, restituendoci la forza e il nitore di quella che Calvino ha definito «una delle voci più isolate della poesia contemporanea».